Navelli: architettura spontanea, gastronomia e artigianato
di Rosa Rossi – foto di Elia Palange
Nell’epoca della velocità, percorrere senza fretta una strada statale può essere il punto di partenza per la costruzione di un itinerario personalizzato. Ridurre la velocità porta a osservare i luoghi con più attenzione. Guardare con più attenzione sollecita la curiosità. La curiosità porta alla scoperta. È questo il percorso ideale per la visita al borgo di Navelli, entrato nel 2008 nei Borghi più belli d’Italia: luogo ricco di identità e di storia, in cui recuperare la capacità di decodificare quello che la storia ci racconta, riflettere a quello che la modernità ci sottrae, riconquistare il legame con uno spazio concreto e una dimensione individuale del tempo. Alla fine della visita, il visitatore avrà percorso un itinerario che è testimone del dialogo perenne tra passato e presente e di esserne diventato, anche se per poche ore, il protagonista: avrà interrogato le pietre e ‘ascoltato’ la testimonianza silenziosa di quanti hanno vissuto e lavorato in questi borghi lasciando il segno discreto del loro passaggio nelle pietre di abitazioni, cantine, stalle, archi, mura, strade, scalini, camini, stipiti e, in alcuni casi, grondaie. Navelli (con la sua frazione, Civitaretenga) non sarà più un gruppo di case arroccate su un colle abruzzese, ma luogo della memoria, collettiva e individuale.
L’invito alla visita è, quindi, particolare: immergersi nel borgo medievale alla scoperta di piccole cose che hanno mantenuto intatto il fascino del tempo, senza trascurare le eccellenze architettoniche (Palazzo Santucci a Navelli e il Convento di Sant’Antonio a Civitaretenga, entrambi visitabili durante gli eventi che vi vengono realizzati e su richiesta). Una sorta di caccia al tesoro il cui premio è rappresentato dalla capacità di sapersi appropriare di quello che le pietre trasmettono. Si scoprirà così, curiosando tra le viuzze del borgo, che le strutture in pietra sono il frutto dell’architettura spontanea, determinata dalle semplici esigenze della vita quotidiana, dalla conformazione del territorio, dai materiali locali. Ne deriva la presenza costante di salite e di scalini, a volte ottenuti direttamente dalla roccia, semplicemente sfruttandone la forma; le fondamenta delle case posate sulla roccia; l’accavallarsi di ambienti, spesso situati a livelli diversi e a volte comunicanti solo dall’esterno; l’utilizzazione delle numerosissime grotte, solitamente incluse nel piano terra delle case per essere usate come magazzini, stalle, cantine… Ciò ha determinato l’asimmetrico accostamento di strutture differenti, evidente nel susseguirsi di finestre e porte poste a livelli diversi, alcune delle quali murate per il cambiamento di destinazione degli ambienti in momenti successivi, nell’accostamento di cornici architravate accanto ad altre ad arco.
Visitare il borgo, tradizionalmente racchiuso tra quattro porte in corrispondenza dei quattro punti cardinali – Porta Castello a Nord (che ricorda nel nome il tempo in cui anche a Navelli si ergeva il castello, sostituito tra Cinquecento e Seicento dal Palazzo baronale), Porta Villotta a Est (attualmente chiusa a seguito del terremoto del 2009), Porta San Pelino a Sud e Porta Santa Maria a Ovest -, significa entrare in un vero e proprio “museo a cielo aperto”. Il quasi definitivo abbandono del borgo – effetto delle successive ondate di emigrazione verificatesi tra la seconda metà dell’Ottocento e il secondo dopoguerra – e il rapido mutamento delle condizioni di vita negli ultimi sessanta anni che ha spostato la maggior parte della popolazione verso il basso hanno fatto sì che tutto sia rimasto immobile. L’intero borgo, di dimensioni notevoli (alla fine dell’Ottocento contava oltre tremila abitanti) è una sorta di fotografia di un mondo che per secoli è cambiato molto lentamente, limitandosi a ripetere – generazione dopo generazione – i lavori legati alla pastorizia, all’agricoltura e all’economia domestica (la cura degli animali di piccole dimensioni, la raccolta e la conservazione dei prodotti, la lavorazione del pane, la tessitura). Basta così avventurarsi tra le viuzze del borgo per scoprire angoli rimasti intatti nel tempo:
– le strutture delle case più semplici, oltre le porte lasciate aperte per il lungo abbandono (un esempio visitabile è su Via del Macello, all’altezza di Via Forno da capo),
– le grotte incluse negli abitati ed entrate a farne parte integrante, i soffitti degli ambienti interni realizzati a volta (‘a botte’ o ‘a crociera’), probabilmente per seguire e continuare la tendenza naturale del terreno,
– i fienili, riconoscibili dalle aperture di forma tendenzialmente quadrata, chiuse non dalle ante di una finestra, per quanto modesta, ma da due battenti simili a quelli di una porta, posti troppo in alto per poter introdurre in ambienti abitati, e dalle pietre (due o tre) che sporgono dal muro a formare quasi una scala per avere una migliore base d’appoggio durante il rimessaggio del fieno.
– i forni comunali, situati nella zona centrale del borgo, lungo Via Macello e verso Porta San Pelino (le Mura Rotte), uno in basso (Forno da piedi) e uno a metà circa della salita che porta verso Porta Castello, sulla destra (Forno da capo).
– lo spazio un tempo adibito a macello, seppure in tempi più recenti (all’interno di Porta San Pelino, alle Mura Rotte) dove è ancora possibile riconoscere il banco dove si tagliava la carne. L’ambiente conserva ancora le maioliche che risalgono, probabilmente, alla fine dell’Ottocento o all’inizio del Novecento.
– le case-bottega riconoscibili dalla tipica struttura della porta aperta da un lato e con una balaustra dall’altro da cui ci si poteva affacciare per scambiare la merce con il cliente. Una struttura che a resistito immutata nei secoli: non a caso, è presente anche in ciò che resta delle strade dell’antica Pompei.
Un aspetto fondamentale della vita era, senza dubbio, quello legato alla fede: per questo i luoghi di culto sono numerosi e diversificati: dalla Chiesa di San Sebastiano, di originario impianto tardo gotico (inagibile dal terremoto del 2009) a quella di Santa Maria del Rosario (l’unica funzionante), dalle cappelle dei palazzi nobiliari (Palazzo Cappa, Palazzo Marchi Piccioli) alle Chiese tratturali nei dintorni del paese, dalla Chiesa del suffragio alla piccola Chiesa di San Girolamo, restaurata di recente. Alcuni di questi edifici religiosi, danneggiati dal terremoto del 2009, sono attualmente inagibili, altro sono visitabili.
A tavola con i prodotti locali: ceci e zafferano
La piana di Navelli è famosa per due prodotti: i ceci e lo zafferano, entrambi di qualità ottima per le particolari condizioni climatiche dell’altopiano posto a 750 slm. I ceci, un legume che in passato costituiva un elemento fondamentale della dieta contadina, viene oggi riscoperto da una gastronomia attenta alle produzioni di nicchia e alla ripresa delle tradizioni alimentari anche in contrasto con la logica del fast food. La coltivazione del bulbo del crocus sativus, da cui si ricava lo zafferano, introdotta a Navelli già dal XV secolo, grazie a un domenicano, Padre Santucci, originario di Navelli e impegnato in Spagna come membro del tribunale dell’Inquisizione, che riportò in patria dalla Spagna i bulbi, introduce una novità nell’agricoltura della piana e dà inizio ad un’altro episodio della “via della zafferano”: originario dell’Oriente, già noto in Grecia e a Roma dove era usato a profusione nelle ricette di arte culinaria e di pratica medica, passato nelle regioni del nord Africa e poi in Spagna, in concomitanza con le migrazioni dei popoli arabi, giunge infine nella penisola italiana. Il suo arrivo a
Navelli si rivela lungimirante: il bulbo trova nella piana l’ambiente ideale per svilupparsi. I bulbi si moltiplicano e la spezia che se ne ottiene si rivela di qualità superiore proprio negli anni in cui era usata in abbondanza sia nel campo dell’arte culinaria (gli stimmi di colore rosso, ossia la terminazione della parte femminile del fiore), della medicina e dell’artigianato (in cui si usava anche la parte maschile del fiore, le antere dal colore giallo). Per Navelli e i suoi abitanti diventa una ricchezza al punto che dal ‘500 si ha una costante crescita demografica: la pregiata spezia garantisce la vita delle famiglie occupate in agricoltura e la prosperità delle famiglie che possiedono i terreni dove viene coltivato e che se ne assicurano la distribuzione, non solo nelle città italiane, ma anche in quelle nordeuropee. Lo testimoniano residenze private ed edifici religiosi disseminati nel paese che, in alcuni casi, contengono veri gioielli, non ancora studiati come meriterebbero: tra questi gli affreschi di Sant’Egidio a Civitarenga, l’affresco con Madonna in trono nella Chiesetta di San Rocco e una pala nella Chiesa di San Sebastiano, in cui si riconosce la figura di San Carlo Borromeo. Quest’ultima immagine conferma sia i contatti intercorsi tra Navelli e l’area lombarda sia l’antica origine navellese del famoso risotto alla milanese, il cui ingrediente principale è senza dubbio lo zafferano DOP dell’Aquila, coltivato sull’altopiano di Navelli. Dopo una fase di crisi della coltivazione determinata dal generale peggioramento delle attività agricole e dalla diminuzione della popolazione nel corso del Novecento, la coltura dello zafferano ha avuto una grande ripresa negli ultimi decenni del secolo scorso – al 1971 risale la nascita della Cooperativa Altopiano di Navelli – fino a quando, nel 2005, lo zafferano locale ottiene il marchio DOP. La Sagra dei ceci e dello zafferano, giunta quest’anno alla sua 36° edizione, accosta alla perfezione i due prodotti, abbinati in alcuni casi al delizioso profumo del timo selvatico che cresce nei dintorni del paese. I piatti, ormai tipici, che il gruppo solidale e compatto di soci della Pro Loco prepara per l’accasione, vanno dal risotto alle penne e ai supplì allo zafferano, dalle sagne e ceci agli gnocchetti e ceci, ai ceci e bieta, per arrivare ai dolci: la ricottina allo zafferano, le castagnole e i calcionetti. Grazie a questa varietà di piatti, tutti preparati rigorosamente con prodotti locali di ottima qualità, la Sagra dei ceci e dello zafferano è diventata un appuntamento imperdibile non solo per la zona, ma anche per la regione, attirando anche i turisti ospiti delle non lontane località della costa abruzzese.
Per gli amanti della cucina: la ricetta della Zuppa di Ceci e Zafferano
Ingredienti per 4/6 prsone: 400 gr. di ceci, pancetta tritata (i vegetariani possono sostituirla con un trito di odori), olio, 1 bustina di zafferano in polvere, sale q.b., pane tagliato a dadini, aromi.
Mettere a bagno i ceci in acqua fredda almeno 12 ore prima di cuocerli. Lessare i ceci e farli insaporire con aglio, olio e rosmarino. A parte, far dorare la pancetta tritata con un fiio d’olio e aromi vari secondo il proprio gusto (timo, rosmarino, ecc). Nel frattempo tostare il pane tagliato a cubetti. Amalgamare il soffritto con i ceci e sciogliervi lo zafferano in polvere. Lasciar insaporire per 5 minuti. Disporre i dadini di pane tostato in una terrina e versarvi la zuppa.
La riscoperta delle attività artigianali
All’inizio del 2010, si è costituita l’Associazione culturale Artigianato Artistico a Navelli, divenuta più familiarmente – nell’uso tra i soci, nella pagina Facebook (www.facebook.com/navellarte), nelle iniziative di promozione – Navellarte: un piccolo gruppo di persone, convinte della necessità di valorizzare il borgo in tutti i suoi aspetti ha deciso di riunirsi e di mettere a frutto le passioni personali, frutto di abilità acquisite nel corso del tempo: ricamo, cucito, uncinetto, maglia, ossia tutte quei lavori che un tempo erano un’abitudine quotidiana volta alla realizzazione di manufatti di ogni tipo, per l’abbigliamento e per la casa. Attività che riportano alla mente case silenziose, lo scorrere lento del tempo, poche distrazioni. Nascevano così i vestiti per i bambini, il corredo per le ragazze, si cucivano o si riadattavano i vestiti per i grandi, si ricamavano centrini, tovaglie, si sferruzzava. Tempi lontani in cui il “fare in casa” era una regola e una necessità dell’economia familiare e in cui era normale imparare accanto alla nonna e alla mamma a maneggiare, ago, ferri, uncinetto. Spesso accantonati per l’irrompere prepotente della produzione su scala industriale ma mai dimenticati: si tratta di una formazione casalinga che rimane nel cuore e nella voglia di “autarchia” nonostante il rapido trasformarsi dei costumi che hanno portato a privilegiare l’oggetto fatto in serie. I segnali della riscoperta e della ripresa di queste attività sono importanti momenti di una voglia di contrastare i consumi – spesso dozzinali e anomini – che il mercato propone con qualcosa di unico, di irripetibile, che ha richiesto tempo e impegno.
Che cosa meglio del risultato di queste tecniche casalinghe può valorizzare un borgo medievale come quello di Navelli – dominato dalla presenza e dal fascino del passato? Ed ecco allora che insieme si decide di rispolverare quello che ciascuno dei soci sa fare, quello che gli è rimasto nel cuore, che lo fa sognare e che, magari, fa per proprio conto soltanto per sè. Oltre ai lavori tradizionalmente femminili, vi trovano spazio anche bigiotteria di fattura originalissima, espressione di quella voglia di ornamento che ha caratterizzato l’abbigliamento fin dai tempi più antichi, pittura e fotografia, che divengono occasione per rappresentare con tecniche e modalità diverse l’incanto del borgo medievale e dei suoi paesaggi. I manufatti frutto della voglia di innovare e di adattare al gusto moderno lavori tradizionali trovano così il loro spazio ideale nella sede di Navellarte, acquistando una luce e una funzione diversa e coniugando la voglia di ‘fare’ e il desiderio di lavorare per la valorizzazione del paese. La sede di Navellarte, a pochi passi da Palazzo Santucci e da Porta Santa Maria, una delle quattro porte del borgo medievale, è diventata così uno spazio ideale per stare e lavorare insieme, per confrontare lavori e rinnovarsi ma anche per accogliere i turisti che scoprono un ambiente fresco, ospitale, ristrutturato in modo attento, dove trovare l’oggetto, piccolo o grande, da riportare con sè al ritorno. Insomma, una tappa da non mancare nella visita del borgo.
Consigli utili
Appuntamento al 18 e 19 agosto 2012 per. 36° Sagra dei ceci e dello zafferano, 32° Palio degli asini, 5° Mostra mercato di arte, artigianato e gastronomia.
Per informazioni e visite guidate: Pro Loco di Navelli, IAT, Via del Municipio 31, 67020 Navelli (AQ), www.prolocodinavelli.it, info@prolocodinavelli.it
Per i prodotti tipici: Coop. Altopiano di Navelli, Viale Umberto I 7, Navelli, Fraz. Civitaretenga, tel. 0862 959163; Az. Agricola Alfonso Papaoli, Via Spiagge Piccole 2, 67020 Navelli, www.papaolizafferano.com, info@papaolizafferano.com
Per scoprire arte e artigianato locali: Navellarte – Ass. Artigianato Artistico a Navelli, Via del Risorgimento s.n., 67020 Navelli (AQ), navellarte@gmail.com, www.facebook.com/navellarte
Per un soggiorno speciale: Ristorante Antica Taverna, Via Osteria 16, 67020 Navelli (AQ), www.anticataverna.it; Bar Sotto al Castagno, Piazza San Pelino 2, Tel: 3382234475; Ristorante Bar Tabacchi Crocus, S.S. 17, Km 65.125; Bed&Breakfast Abruzzo Segreto, Via San Girolamo 3, 67020 Navelli, tel. 0862 959447, www.abruzzo-segreto.it; Affittacamere Sotto le Volte, Via Municipio 15 bis, 67020 Navelli, Tel. 0862 959445, www.sottolevolte.com; Casa vacanze Al borgo antico, Via del Risorgimento 9, tel. 339 8338833, borgonavelli@gmail.com; Azienda Agrituristica Casa Verde, Via Umberto I°, Civitaretenga, Telefax 0862.959163; Area di sosta attrezzata Al boschetto, dotata di servizi per i turisti (raccolta rifiuti, illuminazione, pozzetto per lo scarico di acque grigie e nere e per il carico dell’acqua potabile, servizi igienici), per info: Pro Loco.