Avvolti dall’aria tersa, i monumenti di Orvieto, sopra e sotto il suolo, parlano le lingue degli Etruschi, dei Romani, del Medioevo, del Rinascimento…fino ai giorni nostri.
Mantiene relazioni forti, durature e ben conservate con la propria storia e geografia, Orvieto, stilizzate nella panoramica rupe di tufo e nel Duomo di grande bellezza, visibili da lontano. Accanto a questi due elementi identitari, in una giornata se ne scoprono tanti altri: il Pozzo di San Patrizio, il Museo dell’Opera, la Torre del Moro, il Palazzo del Popolo, un centro storico d’antico lignaggio che si dirama nel quartiere medioevale.
Dante con la barba
La sorpresa sta, chissà da quando, nell’ufficio del sindaco ed è stata “riscoperta” nell’anno del Dantedì: è il ritratto di Dante con la barba, che racconta un’altra verità sull’ aspetto del Sommo Poeta. Daniele Di Loreto, presidente della Fondazione museale “Claudio Faina”, ha spiegato che si tratta di un quadro misterioso, databile tra il 1500 e il 1600, di autore ignoto ma che si ispira alla descrizione minuziosa che Giovanni Boccaccio fa del volto di Dante Alighieri: “Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso”. E’ questo il vero Dante che è stato in mostra al museo etrusco nello scorso autunno?
Cenni storici per capire il presente
Reperti archeologici sulla città di Velzna, una delle dodici città-stato etrusche, chiamata dai Romani “Volsinii”, sorta nei pressi del santuario Fanum Voltumnae, celebre per riti religiosi, giochi e manifestazioni. Nell’epoca di maggiore splendore, dal VI al IV secolo a.C., fu città multietnica, commerciale e artistica, protetta dal suo essere fortezza naturale. Distrutta dai Romani, nell’alto medioevo fu rifondata sulla rupe con il nome di Ourbibentos che divenne poi Urbs Vetus; nodo strategico dell’Italia bizantina, rifiorì intorno all’anno Mille con fortificazioni, palazzi, torri, chiese. Assolutamente da visitare è il museo etrusco “Claudio Faina”, affacciato sulla piazza del Duomo, retto da una Fondazione presieduta da Daniele Di Loreto. L’esposizione raccoglie preziose testimonianze sulla civiltà etrusca, l’Umbria, Orvieto etrusca e romana, la storia della famiglia Faina. La loro collezione, messa insieme nell’arco dell’Ottocento, include reperti etruschi (ceramiche, bronzi, gioielli), greci (vasi a figure nere e a figure rosse) e romani (un ricco monetiere).
I fulgori del Medioevo
Orvieto divenne città dominante su un vasto territorio, dalla Val di Chiana fino alle terre di Orbetello sul Tirreno e nei secoli splendenti del XIII e XIV secolo ebbe una popolazione di circa trentamila abitanti, superiore perfino a quella di Roma. Di questo periodo sono i palazzi e i monumenti che ora ammiriamo, come il primo orologio meccanico con automi in Italia, il cosiddetto Maurizio, installato nel 1351 sulla torre all’angolo tra via del Duomo e Piazza del Duomo, tutt’ora funzionante. Dopo le sanguinose lotte tra le famiglie guelfe e ghibelline (di cui rimasero vittime anche i Catari presenti) e l’assoggettamento a signorie, nel 1450 entrò definitivamente a far parte dello Stato della Chiesa, divenendo perfino sede alternativa a Roma per pontefici, vescovi e cardinali.
L’incanto del Duomo
La basilica cattedrale di Santa Maria Assunta è un capolavoro dell’architettura gotica dell’Italia Centrale. La costruzione della chiesa fu avviata nel 1230 e custodisce in cappella il Corporale del miracolo di Bolsena. Disegnata in stile romanico, probabilmente da Arnolfo di Cambio, verso la fine dello stesso secolo Giovanni di Uguccione introdusse le prime forme gotiche; la facciata fu completata solo nella seconda metà del 1500 da Ippolito Scalza. Proprio la facciata è un insieme armonioso composto da portali con i bassorilievi ai loro fianchi, la loggia, il rosone, le edicole, le statue, i fasci dei pilastri, e infine le guglie, che creano motivi a rilievo, in contrasto con la superficie piana e rilucente dei magnifici mosaici.
L’interno
L’interno risale al XIII e XIV secolo ed è a pianta basilicale. Attenzione particolare richiedono le cappelle che si aprono alle due estremità del transetto. Gli affreschi in quella di San Brizio sono stati avviati nel 1447 dal Beato Angelico e ultimati a fine secolo da Luca Signorelli: accanto alle iconografie sacre risaltano i ritratti dei grandi poeti dell’antichità con l’aggiunta di Dante.
La Cappella del Corporale, anteriore di circa un secolo, esibisce un prezioso tabernacolo in argento oro e smalti con la santa reliquia del lino macchiato – il corporale – dal sangue fuoriuscito dall’Ostia durante la celebrazione eucaristica da parte del prete Pietro da Praga (scettico fino a quel momento sulla reale presenza del Corpo di Cristo), nella miracolosa Messa di Bolsena (1263).
L’Opera del Duomo
Visto che il mio viaggio a Orvieto è stato intrapreso per continuare lo studio sui Catari – che qui avevano un’importante ecclesia – sui testi forniti dalla bellissima Biblioteca comunale e visto che non potevano mancare (come in ogni luogo abitato dai Cristiani sconfitti) raffigurazioni di Maria Maddalena, mi sono soffermata incantata davanti alle Maddalene di Luca Signorelli (1504) e di Cesare Nebbia. Realizzato in epoca medievale, lo straordinario complesso architettonico dei Palazzi Papali di Orvieto, adiacente al Duomo, è composto dalla sequenza più antica di edifici destinati ad accogliere i pontefici Urbano IV Pantaléon (1261-1264), Gregorio X Visconti (1271-1276) e Martino IV de Brie (1281-1283. Le sale ospitano le collezioni permanenti del Museo dell’Opera del Duomo, i dipinti, i mosaici (XVI-XVII secolo) e un vasto ciclo pittorico dei grandi protagonisti dell’arte della Controriforma come Nicolò Circignani detto il Pomarancio, Girolamo Muziano e Cesare Nebbia.
Pozzo di San Patrizio
E’ un capolavoro d’ingegneria rinascimentale – opera di Antonio da Sangallo il Giovane -, commissionato da papa Clemente VII quando, nel 1527, durante il “sacco di Roma”, si rifugiò ad Orvieto. Lo scopo del pozzo era assicurare l’approvvigionamento di acqua in caso di assedio della città. Geniale (e da capogiro, profondo 58 metri) è il sistema elicoidale dei 248 scalini in modo che i percorsi di discesa e salita non s’incrocino mai.
Per maggiori informazioni:
www.liveorvieto.com – www.comune.orvieto.tr.it – www.museofaina.it – www.opsm.it – www.orvietoviva.com
Contributi fotografici: Comune di Orvieto, Fondazione Museo “Claudio Faina”, Claudia Farina