Oggi meta turistica per chi arriva nell’alta Val Venosta, il campanile di Curon che si erge dal lago Resia, rappresenta per molti un ricordo ingombrante. A pochi chilometri dal bel paesino di Malles Venosta, tra meleti, vigneti e abbazie, la strada che va verso nord si apre sul lago di Resia circondato da alte montagne che segnano il confine tra l’Italia, l’Austria e la Svizzera. Da qui si irraggiano innumerevoli sentieri che costeggiano lo specchio d’acqua e che possono essere percorsi a piedi o in bicicletta. D’estate kayak e piccoli natanti solcano i calmi fluttui e d’inverno, quando il bacino gela, ci si può avventurare con gli sci o le ciaspole ai piedi.
Il paesaggio è incantevole, ma l’occhio si posa inevitabilmente su un campanile che svetta dalla superficie del lago. È il campanile di un paesino, Curon, che oggi non c’è più. Quello che i cartelli segnaletici ci indicano come Curon Venosta è un clone di quel villaggio originario le cui case e la cui chiesa ora giacciono sommerse nel fondo del lago da cui emerge solo la sommità della torre campanaria trecentesca.
I turisti trovano quel campanile curioso, i locali lo reputano imbarazzante, il simbolo di una presenza, quella italiana, subita… In queste vallate il tedesco è la lingua madre, si beve il Riesling o birra Forst, si mangia speck con l’Ur-Paal, il pane di segale tipico della Val Venosta e il partito che domina l’arena politica è il Südtiroler Volkspartei, mentre i movimenti tradizionali italiani si dividono le briciole di un elettorato fortemente ancorato alla cultura dei propri padri e all’Austria asburgica.
Un diorama costruito proprio a fianco del parcheggio ripercorre la geologia della regione e ricostruisce la storia del luogo cercando di non urtare la suscettibilità delle due comunità che vi abitano, quella germanica e quella italica.
Le tragiche vicende che vedono vittima la popolazione locale iniziano nel 1920 quando l’Italia, subentrata da un anno all’Austria nell’amministrazione del Sud Tirolo decise di ridar vita al progetto risalente al 1910 e creare un bacino artificiale nel lago di Curon innalzando il livello del lago i 5 metri per fornire di energia elettrica la valle. Gli abitanti del paese non ne furono preoccupati perché il piano avrebbe mantenuto l’assetto idrico e geologico del terreno pressoché intatto, con i tre laghi esistenti (il lago di San Valentino a sud, il lago di Curon e quello di Resia a nord) separati tra loro.
Il prospetto originale, però, venne stravolto nel 1939 quando lo stato italiano approvò l’ampliamento del progetto che prevedeva l’innalzamento delle acque del lago non più di 5, ma di 22 metri. Questo cambiamento, oltre ad unire i laghi di Curon e di Resia in un unico bacino idrico, avrebbe causato la scomparsa dei paesi omonimi e la sommersione di 677 ettari di terreno, di cui 523 agricoli. Con una mossa tanto astuta quanto cinica, il Genio Civile fascista di Bolzano affisse i manifesti che descrivevano il nuovo progetto in italiano, lingua che nessuno a Curon comprendeva. La guerra impedì temporaneamente di mettere in atto il disegno che, però, venne ripreso nel 1947.
I lavori vennero considerati un affronto non solo alla vita quotidiana degli abitanti, ma anche alla cultura sudtirolese e di come l’Italia stava deliberatamente disintegrando il tessuto sociale del popolo tirolese. Fu il parroco di Curon, Alfred Rieper, a guidare il movimento di protesta arrivando persino a chiedere, senza ottenere alcuna risposta, l’intervento personale di papa Pio XII per salvare la sua parrocchia. In breve il muro di gomma contro cui si scontrava la protesta dei contadini di Curon, si trasformò in aperta rivolta sedata solo dall’intervento dei carabinieri e degli alpini.
Il progetto, inserito nel piano di industrializzazione nazionale del dopoguerra, procedette incurante delle polemiche e delle ripercussioni che avrebbe causato. L’elettrificazione dell’Alto Adige avviata negli anni Cinquanta-Sessanta, fu una delle leve su cui fece perno il movimento indipendentista sudtirolese con la serie di attentati ai tralicci elettrici e ai monumenti fascisti ancora abbondanti nella regione.
Il 16 luglio 1947 alle otto di sera il campanile di Resia rintoccò per l’ultima volta le ore. Un migliaio di persone vennero forzatamente sradicate dalle loro terre e 163 case furono sommerse cancellando completamente tre paesi dalla carta geografica.
Agli abitanti, lo stato italiano concesse ben poco: un indennizzo del tutto inadeguato, alloggi in legno in cui passarono i primi inverni. Almeno metà di loro fu costretta ad emigrare e cercarsi un altro lavoro. Per decenni la storia di Curon, del lago, degli abitanti sfrattati furono dimenticati, complice la difficile situazione politica sudtirolese e la militarizzazione dell’Alta Val Venosta. Nel 2009 la torre campanaria fu oggetto di restauro dalla Ripartizioni provinciali dei Beni Culturali e dell’Edilizia e Servizio Tecnico di Bolzano.
Oggi il campanile romanico che svetta come un indice puntato verso il cielo, è il simbolo di due culture completamente opposte che sulle acque azzurre del lago si sono scontrate e continuano, ancora oggi, a rinfacciarsi a vicenda ricorsi storici e culturali. Per i sudtirolesi quel campanile del XIV secolo rimane il simbolo di uno sfregio alla propria cultura, alle tradizioni, alla vita; una ferita che difficilmente si cicatrizzerà in una storia che rimane senza tempo, proprio come gli orologi privi di lancette affrescati sulle pareti. Per i turisti invece quel campanile che sbuca stranamente dalla superficie, rimane solo una curiosa attrazione da immortalare nelle loro macchine fotografiche.
Il lago di Resia si trova a 100 km da Bolzano e a 70 da Merano, in Val Venosta (https://www.venosta.net/it/benvenuti.html). Nei suoi dintorni è possibile visitare i paesini di Malles Venosta, di Glorenza e l’abbazia di Monte Maria a Burgusio.
Contributi fotografici di Piergiorgio Pescali