Nella complessità dell’India, Varanasi, la città sacra sul Gange, è una città simbolo che riassume emozioni, contraddizioni, atmosfere suggestive. Terra di dei e di tecnologia, di miti remotissimi e della Bollywood, fabbrica di miti moderni: l’India è un continente a parte.
Terra di contrasti, di sari in seta e oro nella polvere dei campi, di bambini scalzi e ingegneri geniali, di sorrisi sereni e corpi storpiati che incutono compassione.
Come raccontarla? Anche la sua storia, la sua cultura complicata, le sue molteplici e contraddittorie credenze non si possono riassumere in nessun modo.
Scegliamo allora una città simbolo: Varanasi e la sua regione.
L’Uttar Pradesh è una regione stratificata, culla dell’induismo e dell’hindi, tutta nella vasta e umida pianura del Gange, 100.000.000 di abitanti, ricca di templi e monumenti tra i più importanti dell’intero paese.
Qui, nell’Uttar Pradesh orientale, sorge Varanasi, nota anche con il nome di Benares, città della luce e di Shiva, la più venerata di tutte le città sacre indù, il “guado” dove la morte conduce l’anima alla liberazione finale.
Tra le più antiche città al mondo tra quelle ancora abitate, dal 6º secolo avanti Cristo Varanasi mantiene viva la propria tradizione religiosa, frequentata durante la sua lunghissima storia da innumerevoli pellegrini, studiosi, uomini saggi.
Nell’universo indù chi muore a Varanasi raggiunge immediatamente la moksha o illuminazione. Bisogna vivere Varanasi all’alba e al tramonto, due momenti che rivelano la forza della devozione indù.
Al tramonto si arriva ai Ghat o gradini sul Gange attraversando a piedi o in risciò strade pullulanti di persone, motociclette, clacson a tutto volume, bancarelle, vetrine luccicanti di sari colorati, mucche accovacciate sulle porte di casa o in mezzo alla strada, bambini a piedi nudi che chiedono qualunque cosa sorridendo, venditori tenacissimi che vi inseguono per proporre cartoline, improbabili statuette, incensi.
Già questo percorso è uno spettacolo, ma ancora più strabiliante lo spettacolo dei Ghat. Il più famoso è il Dashaswamedh Ghat dove ogni sera, 365 giorni all’anno, si svolge la cerimonia del tramonto. Tamburi, campane, gesti simbolici di sette celebranti in piedi su una pedana davanti al fiume, baldacchini decorati, una folla straripante assiepata sui gradoni, santoni benedicenti, offerte di fiori meravigliosi e incensi, barche sull’acqua per ospitare i pellegrini che non riescono a sedere sui gradini e vedono la cerimonia dal fiume.
Ottima visuale, consigliabile per i turisti che rimangono incantati dall’atmosfera incredibilmente intensa, dominata solo dalla musica e dalle preghiere.
Sullo sfondo, illuminati da fasci di luce rosa e viola, i templi, i palazzi imponenti dei Maharaja, poi utilizzati dal Governatore inglese.
L’alba è l’altro momento topico della visita di Varanasi.
Con il buio ci si imbarca e si procede lentamente nel silenzio costeggiando i Ghat: man mano il sole sorge e illumina l’acqua dove i pellegrini depositano offerte di fiori e lumini, le barche che si affollano per vivere questo momento, i palazzi di nobile splendore.
Accanto, il pittoresco tempio pendente di Shiva, parzialmente sommerso dal fiume quasi collassato sotto il suo peso.
La visita di Varanasi si conclude con una splendida passeggiata nella Varanasi vecchia o Vishwanatha Ghanda: vicoli strettissimi, animali, enormi cataste di legno e, quasi per incanto ad ogni angolo, templi riccamente decorati e scolpiti, che in origine appartenevano a case private e ora il governo sta recuperando, riportandole alla vista comune.
Qui, accessibile da stradine labirintiche, dove è meglio camminare accompagnati da una guida, il famoso Tempio d’oro, cosiddetto per il rivestimento dorato dei massicci pinnacoli, vietato ai non Indù e sorvegliato a vista dalle guardie, anche perché vicino alla grande Moschea di Aurangzeb.
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