In questo anno ricorre l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci. Il genio multiforme ha esplorato anche il mondo dell’ottica e, a sua insaputa, ha precorso di qualche centinaio d’anni l’invenzione della fotografia
Vorremmo anche noi omaggiare il Maestro ricordando alcuni suoi studi sull’ottica e, soprattutto, seguendo e ragionando sull’ipotesi, tanto surreale quanto verosimile, che Leonardo sia l’autore dell’immagine della Sindone.
Le lenti ottiche, conosciute dal 1200, non erano granché considerate dalla scienza ufficiale in quanto strumenti che si inserivano tra soggetto e oggetto, generando illusioni. Più che interessato agli aspetti filosofici su realtà o illusione, Leonardo collocò la vista al vertice della gerarchia sensoriale e valorizzò le lenti per tutte le possibilità che esse offrivano.
Mosso dalla sua insaziabile curiosità analizzo il funzionamento dell’occhio e formulò una teoria sulla luce che gli permetteva di studiare e realizzare alcune soluzioni pratiche. Descrisse nel Codice Atlantico come, avendo una camera oscura con una lente regolabile, sulla parete opposta alla lente si proiettava un’immagine, fedele al paesaggio esterno, ma capovolta. Quest’immagine, continua Leonardo, poteva essere copiata, nei minimi particolari, su un foglio di carta appeso.
Andò oltre studiando il restringimento della pupilla all’aumentare della luminosità dell’ambiente. «La popilla dell’occhio si muta in tante varie grandezze quante son le varietà delle chiarezze e oscurità delli obbietti che dinanti se li presentano», affermava lo Studioso Curioso. L’analoga funzione oggi è all’interno degli obbiettivi fotografici col nome di
diaframma.
Il Maestro non avrebbe mai potuto immaginare che, circa 400 anni più tardi, quel foglio di carta sarebbe stato sostituito da una lastra fotosensibile e che, a disegnare sul foglio, non sarebbe stata la mano di un’artista ma la stessa luce. O forse no, forse lo aveva già immaginato….
Fra le varie ipotesi che circolano sull’origine della Sindone troviamo anche “La pista Leonardesca” la quale sostiene che il Papa, volendo avere un Sindone credibile, che non venisse derisa dal popolo, avesse commissionato a Leonardo il lavoro, e che egli avesse accettato la sfida, apparentemente impossibile, di realizzare un “sudario di Cristo”.
Le premesse, per rendere credibile questa ipotesi, ci sono. I primi documenti sulla Sindone risalgono alla metà del XIV secolo e, già allora, c’erano dubbi sulla sua autenticità. I Vangeli non parlavano di un sudario con l’immagine completa di Gesù, voci autorevoli affermavano che era un dipinto, la sua ostensione rubò fedeli e offerte ad altri siti religiosi, cosicchè il Papa reggente Clemente VII autorizzò l’esposizione della Sindone a patto che si fosse dichiarato che si trattasse di una pictura seu tabula, cioè un dipinto. Dopo molte avventure condite di polemiche, ostensioni e scomuniche, nel 1453 la Sindone venne venduta ai duchi di Savoia e nel 1506 i duchi ottennero da Giulio II l’autorizzazione al culto pubblico della Sindone.
Possiamo essere relativamente certi che la Sindone, ostentata dai Savoia dopo il 1506, sia la stessa che vediamo oggi. Prima di questa data, il telo “dipinto male”, potrebbe anche essere stato sostituito con uno più credibile.
Dopo queste premesse “La pista Leonardesca” afferma che Leonardo, in virtù dei suoi studi, delle sue conoscenze e delle sue possibilità, ha realizzato la Sindone che oggi conosciamo. A parziale conferma di questa tesi Nicholas Alan, uno studioso sud-africano della Sindone, ha prodotto un’immagine simile, utilizzando solo le tecniche e i materiali conosciuti al tempo di Leonardo. Inoltre “La pista” sostiene che una frase del Codice Atlantico sia una ironica confessione del Maestro: «Quando io feci Domene Dio putto, voi mi mettesti in prigione: ora s’io lo fo grande, voi mi farete peggio».
Di questo affascinante enigma continuiamo ad avere come riferimento l’unico dato certo: l’immagine della Sindone è un negativo fotografico ottenuto, inevitabilmente, con una camera oscura. Non possiamo essere certi il nostro Leonardo abbia realizzato il telo con un’immagine negativa ma siamo sicuri che, se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe saputo accontentarlo e, preparando la camera oscura, avrebbe pensato: “ ora ch’io Domene Dio lo fo grande, in giro non lo dico mica”.
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