Padova, non solo dotta. Considerata da sempre la sorella intelligente di Venezia, l’antica Padua, con i suoi 3000 anni di storia, è sì coltissima: ma anche allegra, in fermento, piena di studenti (60mila su 210mila abitanti) attrezzata nell’accoglienza per famiglie, ricchissima di spunti artistici e culturali. Per la verità, la nuova denominazione dovrebbe essere Urbs picta: visto che la città vanta il maggior numero di affreschi medievali al mondo e per questo, dal gennaio scorso, è inserita nella tentative list dei siti italiani da candidare a patrimonio UNESCO. Insomma, la città dell’affresco.
di Lidia Di Fina
“Con l’Orto botanico nominato nel ’97 per noi era impossibile far eleggere la Cappella degli Scrovegni” ha spiegato di recente l’assessore alla cultura Matteo Cavatton.
“L’unico modo era passare da una candidatura “unica” a una seriale: l’abbiamo allargata a più siti proponendoci come i cicli pittorici dell’arte del ‘300 a Padova. E sembra che l’Unesco, visitandoci, abbia davvero apprezzato”.
A comporre il progetto Urbs picta, quindi, non solo la celeberrima Cappella di Giotto ma anche altri otto siti affrescati (Basilica del Santo, Palazzo della Ragione, musei Eremitani, cappella della Reggia Carrarese, oratorio di San Giorgio, chiesa degli Eremitani, Battistero del Duomo e oratorio di San Michele), veri e propri unicum della pittura mondiale, disseminati in tutto il centro storico. Capolavori assoluti in alcuni assai casi poco conosciuti: che il vessillo Unesco contribuirebbe a rendere di sicuro notissimi ai più. Ma in questa spettacolare città dipinta quali tra i capolavori in lizza i must da non perdere?
Il ciclo astrologico
Il Palazzo della Ragione già di per sé vale una visita. Maestoso e imponente, situato tra le vivacissime piazza delle Erbe e piazza della Frutta, l’edificio, risalente al 1200, era il luogo deputato all’amministrazione della giustizia. Ma è il suo Salone, da poco aperto h24 al pubblico, a lasciare senza fiato il visitatore: vastissimo, tuttora una delle più ampie aule sospese d’Europa, vanta ben 217 metri lineari di affreschi. Sotto l’immensa volta a carena di nave rovesciata, appena abituatosi alla luce interna, lo sguardo si perde lungo lo sfilare fittissimo di immagini, 333 riquadri raffiguranti lo Zodiaco e i pianeti, con il loro influssi sulle attività dell’uomo. Distrutte da un incendio le precedenti pitture di Giotto, gli affreschi, di metà 400, sono opera dei maestri padovani Nicolo’ Miretto e Stefano da Ferrara: e il loro è uno dei rarissimi cicli astrologici medievali giunto intatto fino a noi. Nella fascia inferiore, invece, tantissime immagini di animali, sotto le quali giudici e notai dirimevano le controversie. Ai convenuti, spesso analfabeti, bastava ricordare le figure per rintracciare il proprio magistrato…
Il realismo di Altichiero
All’interno della Basilica di Sant’Antonio, proprio di fronte alla tomba monumentale del Santo, è possibile ammirare la Crocifissione di Altichiero da Zevio, uno dei grandi innovatori dell’arte del Trecento. Inserita nella Cappella di San Giacomo, entro tre arcate trilobate, lo spazio si dilata e il dipinto racconta, sotto il Golgota, una storia di varia umanità. Dove sfaccendati e cavalieri, donne e bambini, soldati, vecchi e viandanti si affollano, quasi scontrandosi, all’ombra della croce. Alcuni indifferenti e lontani, altri con lo sguardo in aria, sinceramente contriti, verso il Cristo lassù crocifisso. Uno spaccato di vita trecentesca, con le sue figure fluide, dolci, rosate, dalla gestualità naturale; Altichiero, spostando quasi l’attenzione sui particolari, mette in scena una storia reale, apprezzabile non solo dal suo ricco committente (Bonifacio Lupi di Soragna, esponente di spicco della corte dei Carraresi, signori di Padova) ma anche dal popolo semplice dei fedeli. Contemporanei compresi. Un dettaglio da non perdere? Quello della spartizione delle vesti, di un realismo struggente, con i soldati seduti che tirano a sorte.
Il Battistero
Altro capolavoro dell’Urbs picta è l’affresco del Battistero del Duomo, opera del maestro fiorentino Giusto de’ Menabuoi. A commissionare l’opera, per la prima volta al mondo, una donna, Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, che desidera destinare l’ambiente a mausoleo di famiglia. E’ il 1375: Giusto, ormai pittore ufficiale di corte, pretende e ottiene la cupola più alta del Battistero. E qui realizza il Paradiso forse più bello della storia dell’arte. Il visitatore entrando è accolto, dall’alto, da decine e decine di sguardi: quelli di angeli e santi che, assiepati in perfetti, regolari centri concentrici, occupano tutti gli spazi della volta paradisiaca. Al centro un solenne Cristo Pantocratore e più in basso la Vergine, con le braccia spalancate ad accogliere l’umanità. L’effetto è mozzafiato e rapisce nella sua prospettiva e nelle sue infinite tonalità. Ma l’intero Battistero è affrescato: scendendo lungo il tamburo, occupato da storie della Genesi, la decorazione infatti dilaga in ogni superficie, tra storie di Cristo e San Giovanni Battista. E ogni personaggio rifulge per eleganza e trasparenza dei colori. Imperdibile.
La Cappella più celebre
Celeberrima, considerata uno dei massimi monumenti dell’arte figurativa di tutti i tempi, la Cappella degli Scrovegni merita di essere visitata con attenzione, anche più volte. La tradizione vuole che Enrico degli Scrovegni, ricchissimo banchiere, la edificò a inizi del ‘300 per espiare i peccati suoi e del defunto padre Reginaldo, noto usuraio. Fu invece un più prosaico desiderio di autocelebrazione a spingere lo Scrovegni a imbarcarsi nell’opera. Che in effetti lo rese immortale, grazie alle decorazioni affidate al già, all’epoca, grandissimo Giotto. Nei cicli pittorici della Cappella (vita di Gioacchino e Anna, vita di Maria, episodi della vita e morte di Gesù e nel Giudizio Universale) Giotto inaugura un linguaggio mai sperimentato prima: le figure infatti, rappresentate di spalle (animali compresi), coinvolgono nella scena anche il pubblico, che smette di essere in questo modo un semplice spettatore. Pathos e sentimento irrompono nelle immagini, scardinando le consuete fissità bizantine: ecco allora il sensualissimo bacio di Anna e Gioacchino, le lacrime delle mamme nella strage degli innocenti, la vera e propria disperazione degli angeli nel compianto di Gesù morto. Nulla è lasciato al caso nel delineare la psicologia dei personaggi, neanche nelle decorazioni. E infatti Giuda è sempre rappresentato in giallo, il colore dell’invidia. Mentre lo Scrovegni, sistemato al sicuro tra i beati, veste il viola, il colore della penitenza… Un consiglio? Nella visita agli Scrovegni affidarsi sempre ad una guida. Per afferrare tutti i segreti di questo insuperabile capolavoro.
Per maggiori informazioni: www.padovatravel.it
Archivio fotografico Convention&Visitors Bureau – Tomelleri – M. Danesin