Artisti islandesi alla ribalta: incontro con Ragnheidur nel laboratorio degli arazzi ad Akureyri
testo e foto di Ada Grilli
La chiamano Ragga, come noi in gergo quando vogliamo dire ragazzi, ma il nome molto islandese è Ragnheidur e non suona dolce come la persona che lo porta. Ragnheidur è artista di arazzi e di tessiture a telaio e, tra un arazzo e l’altro, una coperta e l’altra, un dipinto e l’altro, ha appena concluso un libro a cui ha lavorato per diversi anni e che uscirà a fine marzo 2016. Tante cose tessute insieme nel senso anche letterale del termine, come sappiamo fare noi donne a tutte le latitudini e sotto ogni clima.
Ragga ha “ respirato “ l’arte della tessitura fin dalla culla, la madre infatti tesseva i costumi tradizionali islandesi, e anche la nonna lo faceva. Oggi i motivi della tradizione sono stati salvati e raccolti da Ragga e forse la figlia che studia design e moda a Londra farà lo stesso con la madre. Meraviglia della capacità delle donne di “fare memoria” con arti che andrebbero perdute, a meno di non gestire da sé tutto. Meraviglia della capacità molto femminile di fare propria la cultura secolare e transnazionale di tecniche artigianali e artistiche complicate (e quella degli arazzi lo è) e unirla con la capacità di rivitalizzare quelle tecniche aggiungendo la propria personale creatività.
Ragga gestisce da sé tutto, poco ci manca che allevi le sue proprie pecore. La lana però la sceglie grezza da due laboratori (i migliori di Islanda, dice), poi la colora secondo la sua “ palette”, per cui i colori sono quelli che lei come artista vuole che siano, e sono colori naturali e sintetici, a seconda del risultato che vuole ottenere.
E della lana sa tutto. Quanti fili ha il filo che usa, quanti ne aveva in passato e oggi non più, quanto idrorepellente può essere senza alcun trattamento aggiuntivo (lo sapevamo? e allora perché non portiamo più capi di vestiario di lana quando piove? o la nostra lana non è lana ?).
Ad Akureyri dove Ragga ha il laboratorio e lavora ai suoi tre telai di fabbricazione svedese (non ci sono telai islandesi in giro) ogni angolo parla di storia e di passione e di ispirazione. Alcuni brani di questa storia non ci sono più, come la fabbrica della lavorazione della lana che stava là dove ora c’è (anche qui!) un …supermercato.
La Gefjun Wool Factory attiva per 80 anni, tra 1907 e 1987, produceva la migliore lana del Paese, che ora deve essere procurata al sud, ottima ma costosissima a detta di Ragnheidur.
Per un suo arazzo ispirato alla neve non è bastata la lana ma ci voleva il lino e i fili di rame per rendere tutte le sfumature del bianco, perché alla creazione non c’è limite. Adesso l’arazzo è arrotolato sotto ad un telaio dopo essere stato esposto a Londra e a Reykjavik. Il filo di rame l’artista lo ha usato anche nel piccolo arazzo di lana con una fila di piccole donne islandesi in costume tradizionale.
Ad Akureyri le sue creazioni si vedono solo nel suo laboratorio-galleria Stóllinn in Kaupvangsstraeti, e poi nelle capitali e nei musei all’estero.
Nemo propheta in patria vale anche per la piccola Islanda!