Un itinerario tra i portici e i musei di Cuneo, nel borgo medievale di Saluzzo, tra le scene cortesi del Castello della Manta e l’archeologia industriale del filatoio di Caraglio
di Franca Scotti
Tutto il fascino dolce dei castagneti piemontesi vive nelle colline che circondano Cuneo, la provincia più grande della regione, che si estende nelle valli occitane fino al confine con la Francia e con la Liguria. In un trionfo di colori, in autunno il bosco si accende di calde tonalità rosso aranciate. Intanto arriva l’inverno, che sposta i colori dalla gamma aranciata allo splendore del bianco. I castagneti sono ancora il panorama più comune nelle colline cuneesi, ma i rami degli alberi si spogliano e assumono forme che evocano fantasie di indefinibile mistero. Attorno al castagno, negli anni si è delineata una vera e propria civiltà che ha sviluppato usi, tradizioni, tecniche agrarie e lavori artigianali fortemente legati a questo albero. In tutte le stagioni è possibile visitare una rete di sentieri e di ecomusei, seguire itinerari tematici che ci portano a contatto con costruzioni tipiche, essiccatoi, mulini, attrezzi, suppellettili di legno legati a questa lavorazione. La stagione invernale, però, invita più decisamente a passeggiare in città, sostare in un caffè, scaldarsi con una cioccolata calda, grande must della gastronomia piemontese.
Cuneo ha una forma triangolare inconfondibile, abbracciata com’è dai due fiumi Gesso e Stura di Demonte, con la punta protesa nella pianura e il ventaglio allargato verso le montagne. È la città dei sette assedi, orgogliosa e ribelle, ma anche una città salotto accogliente e ospitale, con i suoi caffè storici come il caffè Arione, dove la leggenda vuole che Hemingway, su suggerimento di Mondadori, scoprisse i famosi cuneesi al rum. Città di portici, come molte città piemontesi, animati da negozi con le tipiche cornici di legno intagliato, aperti su strade laterali e borghi di impronta medievale, e sovrastati da palazzi nobiliari in gran parte restaurati. Via Roma, la strada principale del centro storico, porta all’amplissima piazza Galimberti, elegante nel suo impianto neoclassico, che testimonia la presenza napoleonica. Le vie più strette invece, spesso pittoresche come vicoli tortuosi, nascondono tesori: le chiese di Santa Chiara e Santa Croce, la sinagoga dell’ex ghetto ebraico. Due i musei da non perdere: il Museo Civico, ospitato nel complesso monumentale della chiesa di San Francesco e il Museo Diocesano, aperto da un mese, nella sede dell’antica confraternita di San Sebastiano. Di grande impatto emotivo é l’interno della chiesa di San Francesco diviso in tre navate, che lascia a vista una parte dello scavo archeologico, fruibile mediante passerelle in vetro. Accanto alla chiesa, nei locali dell’ex convento francescano, si dispongono gli oggetti del Museo Civico, che spaziano dai costumi delle valli occitani alle antiche insegne di bottega, agli argenti sbalzati e incisi, ai mobili rustici in legno, agli accessori della vita domestica e delle attività agropastorali, fino alla sala degli ex voto che indicano una profonda religiosità popolare.
Il Museo Diocesano, invece, allestito secondo una concezione modernissima e coinvolgente, rappresenta nei vari livelli del percorso le devozioni di un’antica confraternita, che raccontano insieme un pezzo significativo di spiritualità, di storia e di società. Tra dipinti, oggetti, video rievocativi, ritratti di benefattori, si disegna un percorso che è un vero e proprio pellegrinaggio dell’anima. Intanto anche il corpo vuole la sua parte. Una leggenda racconta che, all’origine della terra piemontese, si siano riuniti gli dei per rilasciare i loro doni. Bacco regalò l’uva, Diana tartufi e animali selvatici, Cerere zolle fertili, Giunone il latte per i formaggi, Apollo la poesia. Terra benedetta dai doni del cielo e della terra, dunque. I ristoranti in città profumano di ricette squisite: come il flan di porcini, la sfoglia con porri di Cervere e castagne, i raviolotti di castelmagno del Ristorante La Piola, oppure la classica carne cruda battuta al coltello, il fagotto di verza su fonduta, i tortelli di castagne al rosmarino, la torta di castagne con crema zabajone dell’Osteria della Chiocciola.
Tra una golosità e l’altra, non mancheranno scoperte d’arte e cultura. Andiamo dunque fuori città a scoprire altri luoghi più o meno famosi di questa “provincia granda”. Saluzzo, distesa su una collina che si affaccia sulla valle Po e ha come sfondo il Monviso, è una delle più affascinanti città del Piemonte, capitale per quattro secoli di un marchesato indipendente, che ha conservato, stretta nel circuito delle antiche mura, le caratteristiche architettoniche ed urbanistiche di diverse epoche. Lo splendido colpo d’occhio della salita alla Castiglia, residenza fortificata dei marchesi di Saluzzo, poi carcere di massima sicurezza e oggi infine sede espositiva, le collezioni di Casa Pellico e Casa Cavassa, le facciate istoriate dei palazzi di Saluzzo Alta sono solo alcuni esempi di una cultura del bello e dell’arte che si respira in ogni pietra, ogni dipinto e ogni decorazione del borgo medievale. Anche qui la cucina è quanto mai variegata: una ricca serie di antipasti, gustosi primi piatti ed eccellenti carni, oltre all’ottima scelta di blasonati formaggi delle vicine valli, come il Castelmagno D.o.p, il “toumin dal Mel”, il Nostrale, la Toma d’Elva. Una tappa davvero originale sarà a Saluzzo il Baladin Café, dove Teo Musso propone birre artigianali di grande qualità: sette tipologie differenti, tutte rifermentate in bottiglia, dai profumi intensi e speziati, come zenzero, banana e marzapane, frutta secca e prugne, cacao e caffè.
Il vero tesoro artistico della zona è il Castello della Manta, proprietà del Fai. Struttura fortificata con torri quadrate agli angoli, chiusa da mura turrite, grazie all’intervento di Valerano di Saluzzo, signore colto e raffinato, nel XV secolo il Castello della Manta si trasforma in una corte rinascimentale e si veste di splendidi affreschi, considerati fra i più importanti documenti pittorici del tardo-gotico piemontese. Fra questi spiccano nella “Sala Baronale” le nove figure di “Eroi” e altrettante “Eroine” e la pittura a fresco che raffigura la “Fontana della giovinezza”.
Un altro luogo davvero singolare e affascinante del cuneese, che introduce al fascino delle valli occitane, così vicine alla cultura francese, è il Filatoio di Caraglio, all’imbocco della valle Grana. È la “fabbrica da seta” più antica d’Europa e rappresenta un caso unico nel contesto produttivo del Piemonte seicentesco. Costruito in due anni (1676-1678) da Giovanni Girolamo Galleani, ha l’aspetto di una dimora fortificata ed ospitava al suo interno i “fornelletti” per la trattura e i “mulini da seta” per la torcitura del filato, esportato in tutta Europa. Soprattutto i Savoia avevano affidato ai Galleani, che detenevano il segreto dei torcitoi circolari da seta appreso a Bologna, il compito di produrre filati di seta di altissimo livello qualitativo, che venivano esportati direttamente alle manifatture francesi reali per la creazione dei famosi arazzi. Per quasi due secoli la seta piemontese dominò i mercati di tutto l’Occidente. Con il restauro sono stati ricostruiti gli imponenti torcitoi da seta e sono stati recuperati il filatoio, la filanda e gli ambienti abitativi. Il complesso costituisce il primo nucleo del Museo del Setificio Piemontese, in fase di espansione, che propone, inoltre, mostre temporanee sul tema della seta e dei tessuti. Ancora più nascosto e isolato è un tesoro della valle Elva, laterale della Val Maira. La Parrocchiale di Elva è uno dei monumenti più straordinari delle Alpi Occidentali, sia per il suo corredo di sculture, che conservano ancora, a metà Quattrocento, tipologie e soggetti tolti ad un immaginario medioevale fantastico e simbolico, sia per il grandioso ciclo di affreschi del presbiterio, culminanti nella grandiosa scena della Crocifissione che occupa tutta la parete di fondo: l’opera più celebre di un artista per lungo tempo identificato semplicemente come “Maestro d’Elva” e oggi riconosciuto come Hans Clemer, il pittore dei Marchesi di Saluzzo.
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