a cura di Alida Bonifacio
A Palazzo Reale di Milano fino al 17 marzo 2013 una mostra celebra l’anniversario della emanazione dell’Editto di Costantino del 313 d.C.
Quanti sono gli imperatori romani che ancora ricorda chi ha accumulato molti anni sulle spalle dai tempi della scuola? Vogliamo fare qualche nome? Augusto, certamente, se non altro perché è stato il primo. Poi Nerone, fosse colpevole o meno dell’incendio di Roma, forse Traiano o Caligola. Ma, di certo, Costantino. La sua figura è strettamente collegata alla “conversione” dell’impero al Cristianesimo e, pertanto, oltre alle lezioni di storia il suo nome si è magari infilato anche dentro quelle di catechismo. Scherzi a parte, la figura storica di Costantino il Grande è fondamentale nel percorso della nostra civiltà, italiana ed europea. Figura carismatica, emersa con forza dal marasma del tempo, condottiero militare, statista e politico di razza. Con qualche macchia di ambiguità visto che la sua, personale, conversione al culto del Dio unico sembra sia arrivata solo in punto di morte, ma d’indiscutibile grandezza. Se non altro per quel famoso editto del 313 con il quale, per l’appunto, liberò i cristiani dalle persecuzioni, aprendo loro la strada all’obbiettivo finale: diventare l’unica religione di Stato. E proprio Costantino 313 d.C. è il nome della mostra con la quale Milano celebra il grande imperatore. Perché Milano? Perché l’editto fu promulgato proprio nel capoluogo lombardo, al tempo di Costantino vera capitale occidentale dell’impero. La mostra è stata da poco inaugurata a Palazzo Reale e resterà aperta fino al 17 marzo dell’anno prossimo. E un’ottima occasione per ripassare la storia, per conoscere la Milano dell’epoca, per ammirare manufatti, armi e gioielli e infine per capire il significato di due misteriose lettere: Xi e Rho. Che non hanno nulla a che vedere con il cinese, né con la cittadina fuori Milano dove si trova la nuova Fiera…. Info: www.mostracostantino.it L’iniziativa è promossa e prodotta da Comune di Milano – Cultura, Moda, Design, Palazzo Reale, Museo Diocesano di Milano e la casa editrice Electa (www.electaweb.com/catalogo/scheda/978883709270/it), in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la Fondazione Aquileia, l’Arcidiocesi di Milano e l’Università degli Studi di Milano.
La collezione del museo Van Gogh si è spostata temporaneamente all’interno dell’Hermitage Amsterdam
L’Hermitage Amsterdam accoglie temporaneamente parte della collezione del Van Gogh Museum, che rimarrà chiuso per lavori di ristrutturazione dell’edificio museale sulla piazza Museumplein, fino al 1˚ maggio 2013, e offre l’occasione di continuare a esporre le opere di Vincent Van Gogh (1853-1890) ad Amsterdam. Sono 75 i dipinti esposti, una selezione di lettere, opere su carta e oggetti provenienti dalla collezione del Van Gogh Museum. Capolavori come Girasoli (1889), La camera da letto (1888), Ramo di mandorlo in fiore (1890), I mangiatori di patate (1885) e La casa gialla (1888) insieme a opere meno note illustrano la carica innovativa della sua pittura alla luce dei temi che l’artista stesso predilesse. In concomitanza con la presenza del Van Gogh Museum l’Hermitage Amsterdam propone dal 13 gennaio 2013 la mostra Impressionismo: sensazione e ispirazione. I dipinti più amati dell’Hermitage. Le opere di Van Gogh a fianco di quelle di molti importanti artisti suoi contemporanei offriranno una panoramica unica della pittura francese nel diciannovesimo secolo. Nel maggio del 2013 quando il Van Gogh Museum riaprirà i battenti la mostra Van Gogh al lavoro, festeggerà il quarantesimo anniversario dalla sua fondazione. www.vangoghmuseum.nl/vgm/index.jsp?page=293140&lang=en
A Torino una grande mostra dedicata a Edgar Degas, dalle Collezioni del Musée d’Orsay di Parigi
Edgar Degas (1834-1917) è uno tra i maggiori esponenti della pittura francese dell’Ottocento. Mentre ammira e medita la lezione dei grandi maestri del passato, in particolare i pittori italiani del primo Rinascimento, introduce continuamente innovazioni radicali che lo pongono a capo delle avanguardie artistiche della Parigi del suo tempo. Rifiutando le facili glorie dell’accademismo, che è ancora la corrente artistica dominante, non si accontenta di una formula ma si rinnova senza sosta, ed è questo a rendere affascinante l’evoluzione del suo stile, dagli inizi alle ultime opere. Quella che ha aperto i battenti lo scorso ottobre nella storica Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, e continuerà fino al 27 gennaio 2013, è la più importante mostra che l’Italia abbia dedicato a Edgar Degas negli ultimi decenni. Un percorso che consente soprattutto di comprendere quanto la modernità del primo Novecento sia in debito con la tradizione alla quale Degas si rifece sempre. Questa mostra si propone di seguire le tappe di una carriera particolarmente feconda, durata circa sessant’anni, a partire dalle eccezionali collezioni del Musée d’Orsay di Parigi, le più ricche al mondo di opere di Degas. La selezione comprende dipinti, disegni, sculture e soprattutto i delicatissimi pastelli per i quali è celebre: esempi di tutte le tecniche sperimentate in momenti diversi della vita da questo artista dal genio poliedrico.
“Ritorno al futuro” dell’artista Antonio Giovanni Mellone
Con la personale “A midsummer (K)night’s dream” a Parma, a palazzo Giordani, sede della Provincia, dal 13 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013, il pittore e giornalista Antonio Giovanni Mellone riprende il percorso artistico che, dal figurativo degli inizi, l’ha portato all’attuale espressionismo. Pugliese di nascita e parmigiano dagli anni ’60, Antonio Giovanni Mellone, in “A midsummer (K)night’s dream”, ovvero “Sogno di un cavaliere di mezza estate”, porta in primo piano una ventina di opere che ha dedicato a cavalieri, dame e figure mitologiche. «La mia vuole essere una parafrasi del celebre dramma di Shakespeare», spiega. «In questi quadri, ho fatto una rilettura degli antichi miti greci e della cavalleria del Medio Evo. Centauri, fauni e altri personaggi simili rappresentano per me la saggezza e la libertà, mentre i cavalieri, quelli dell’immaginario collettivo, sono da sempre il simbolo della lealtà, della generosità e della protezione dei deboli. Ma a Palazzo Giordani, porto anche i “lati oscuri” della donna che fanno parte del mito: non solo Dulcinea di Don Chisciotte o Medusa, ma le donne-mostro che esprimono l’aggressività e la negazione della femminilità». A questi temi “intensi” e a un suo stile “essenziale”, veicolati soprattutto da grandi tele lavorate con colori acrilici e tecniche miste e opere su carta, l’artista è arrivato gradatamente negli anni, come racconta: «Autodidatta, mi sono formato studiando maestri come Matisse, Van Gogh e Picasso. Molto devo al disegno che ho praticato per molti giornali e che ha influenzato certamente la mia pittura. Nel tempo il mio stile ha subito delle varianti poiché, nei primi periodi della mia vita artistica, sono partito dal figurativo assoluto, di stampo impressionista, per passare poi a una visione espressionista del colore e del segno. A questo proposito, ritengo che se si è padroni del segno lo si è anche del colore che può non essere un colore bensì una serie di sfumature di grigio, esattamente come avviene nella vita».