Ancora pco battuto dal turismo, lo stato più ricco dell’India è un concentrato di contrasti in cui passato e presente, innovazione e tradizione, si fondono per dar vita a un futuro diverso
Testo e foto di Silvana Rizzi
“Ahmedabad è un concentrato dell’India di oggi, dove tradizione e innovazione si mescolano”, dice Sam, guida turistica, mentre l’autista si destreggia nel caos del traffico della capitale del Gujarat, lo stato più ricco dell’India, dove colossi come Tata, Ford e Peugeot hanno stabilito le loro aziende. Ancora poco battuto dal turismo, il Gujarat, una specie di larga penisola affacciata sull’Oceano indiano a nord ovest del subcontinente, affascina con i suoi contrasti: da un lato monumenti grandiosi e antichi villaggi, dove le donne tessono e ricamano preziosi tessuti, dall’altro strade perfettamente asfaltate, che i Rabari, gli ultimi pastori nomadi, percorrono lentamente con i loro cammelli, incuranti delle auto lanciate a grande velocità. In questo paese, dove nei ristoranti e negli alberghi è vietata la vendita degli alcolici, birra compresa, acquistabile, passaporto alla mano, solo in spacci convenzionati, è sempre vivo il ricordo di Gandhi, nativo di qui: ad Ahmedabad, il Mahatma e la moglie vissero diciott’anni nel loro ashram (così si chiamano in India i ritiri spirituali), da cui nel 1930 partì la storica Marcia del Sale. Il luogo, lungo il fiume, a poca distanza dal centro della città, conserva ancora l’antico fascino: gli occhiali, i sandali, il bastone per camminare e il rocchetto per filare del Mahatma, sono esposti lì, a ricordo del suo messaggio di non violenza. Qualcosa dell’essenzialità dello spirito di Gandhi sembra sopravvivere ancora oggi in Gujarat, tanto che il piatto principale, il thali, è essenzialmente vegetariano ed è superfluo cercare negli alberghi lo stile sfarzoso dei palazzi dei maraja del vicino Rajasthan. Ad Ahmedabad, il Taj Residency Unmed (www.tajhotels.com), a pochi minuti di auto dal centro, offre tutti i confort di un ottimo albergo internazionale, compreso un raffinato ristorante con piatti a base di verdure e di pollo, preparati al momento.
Da Ahmedabad alla giainista Palitana
Se Ahmedabad merita una visita per i suoi colorati bazar, per la moschea, gli haveli, cioè le case medievali decorate della città vecchia, e per il museo del tessuto Calico, Palitana, a 240 km da qui, uno dei più grandi luoghi di pellegrinaggi giainisti, con oltre 800 templi e 7.000 statue, merita il viaggio. All’alba ci si incammina a piedi o in portantina lungo i 4.000 gradoni della collina sacra di Shatrunjaya, dove salgono e scendono, quasi volando, monaci e monache a piedi nudi, vestiti di bianco con un bastone in mano, una sciarpa sulla spalla e, a volte, una mascherina bianca sulla bocca, per non inghiottire inavvertitamente qualche moscerino. Sono giainisti, seguaci di Jina (Vittorioso), da cui viene il nome dei suoi fedeli. Alla base di questa religione, derivata dall’induismo 2.500 anni fa, c’è un’assoluta non violenza, basata sul fatto che ognuno di noi potrebbe reincarnarsi in una formica o in un moscerino. Oggi i giainisti, limitati come numero rispetto agli induisti, sono una comunità ricca, formata essenzialmente da professionisti e commercianti. Giovani e vecchi, ogni anno dedicano uno o più giorni al pellegrinaggio, scortati da servitori, che salgono le scale, portando sulla testa un grande sacco di tela con i sari per la cerimonia. Arrivati in cima, ci si trova tra la folla dei fedeli, che depongono ghirlande di fiori, riso e rupie nei tanti templi, uno diverso dall’altro, tra canti e preghiere. Si scende per pranzo al piacevole Vijay Vilas(vishwa_adpur@yahoo.co.in), un antico padiglione di caccia che il giovane proprietario, Yashpal Singh, ha ereditato dalla nonna, e trasformato in Bed&Breakfast con una buona cucina, cui sovrintende la moglie.
Bhuji e il Kutch: artigianato di secoli.
Il Kutch, il selvaggio west dell’India, una distesa di pianure salmastre, delimitate dal Golfo del Kutch, dal Great Rann, dove il terreno luccica di sale, e dal Little Rann, a 160 km dal Pakistan, è un altro must del viaggio in Gujarat. Nei villaggi, sparsi su questo paesaggio desertico e senza coltivazioni, le donne, sedute al sole sui gradini delle loro case, eseguono fantastici ricami, incastonando specchietti luccicanti, mentre gli uomini continuano a creare oggetti con una tecnica secolare. Il turismo qui è iniziato da poco, grazie al nuovo aeroporto internazionale di Bhuji, creato dopo il tremendo terremoto, che nel 2001 ha distrutto molti villaggi. Gli abitanti, con grande determinazione,aiutati dal governo e dai tanti ricchi gujarati sparsi in tutto il mondo, hanno ricostruito i villaggi e ripreso la loro vita di sempre, accogliendo gli ospiti nelle loro case di fango decorate e dipinte di colori vivaci. Nei villaggi delle comunità Ahir e Rabari, per esempio, prima di entrare in Bhuj, le donne indossano straordinari e modernissimi vestiti patchwork, dai vivaci colori contrastanti , a Bhujodi si vendono scialli e copriletti in tessuto trapuntato, a Dhordo s’incontra Sonya Mutva, che ricama copriletti a minuscolo punto croce e specchietti. Ogni manufatto le costa un anno di lavoro. Nel villaggio di Nirona, la famiglia Khatri porta avanti la Rogan Art, una complicata tecnica per dipingere i tessuti con colori naturali e indelebili, a pochi passi un artigiano produce campane di metallo e un terzo crea bastoni di legno laccato. Da non lasciarsi sfuggire il villaggio di Hodka, dove è nato un incantevole resort (http://www.hodka.in)
Dai cantieri navali di Mandvi a Patan
Rari sono i turisti a spingersi a Mandvi, a un’ora di auto da Bhuj, una cittadina vivace, piena di gente e di mercati . A renderla unica è il suo spettacolare cantiere navale, dove decine di operai costruiscono a mano i dows, le imbarcazioni di legno destinate ai mercanti arabi. Il viaggio si conclude con la visita al magnifico Tempio del Sole, costruito nel 1026 e progettato in modo che all’alba, durante l’equinozio, il sole colpisse l’immagine di Surya, il dio del sole. Straordinaria anche Patan, famosa per i suoi preziosi sari in seta (www.patanpatola.com) e il Rani-ki-Vav, il pozzo a sette piani più antico e più bello del Gujarat, decorato con statue, bassorilievi e imponenti colonne.
Bene a sapersi
L’ufficio del turismo indiano è a Milano: http://www.patanpatola.com/, tel.02 804952.
Per antrare nel paese occorre il visto turistico, che si può richiedere all’Indian Visa outsourcing Centre di Milano, http://www.indianvisamilan.com/.
Un tour Operator consigliabile è Clup Viaggi, tel.02266871, www.clupviaggi.it.
Voli: Jet Airways, jetairways.com.it, con volo diretto da Milano e Roma per Delhi.
Albergo: Taj Residency, Ahmedabad, www.tajhotels.com