Un angolo di paradiso in provincia di Siena ricco di storia, arte e sapori antichi
Testo e foto di Raffaele Amato
Il desiderio di viaggiare ed esplorare dovrebbe portare immancabilmente alla scoperta, o alla riscoperta, della Val d’Orcia, in provincia di Siena, creato dalla Divina Volontà per saziare gli occhi e i palati di quanti, alla ricerca di pace e cultura, rompono con i ritmi quotidiani per immergersi in un contesto dipinto ancora di medioevo. Segnalare un itinerario di scoperta risulta a tutta prima complesso, perché ognuno dei contesti sociali racchiusi in questa valle merita un attenzione unica e particolare. Geograficamente la terra orciana più a nord, quella ricompresa nei territori di Montepulciano, San Quirico e Pienza è quella, paesaggisticamente e culinariamente, più appetibile. È un territorio strano ed atipico dove sterminate distese aride e brulle, battute costantemente dal vento, sono interrotte da vitigni di rinomanza mondiale per la produzione del Brunello, del Chianti e del Montepulciano. Ma sono i tramonti il non plus ultra. Credo che le più belle immagini di paesaggi, con sole morente, siano state scattate in Val d’Orcia. All’improvviso, all’imbrunire, tonalità di rosso ed arancio pervadono ogni cosa e il viso viene accarezzato da una calda brezza che arriva dal mare: dura tutto pochi minuti. Ci sono pochi posti al mondo in grado di offrire un mix sensoriale così gratificante (forse il piccolo villaggio di Oia nell’isola greca di Santorini ha tramonti parimenti coinvolgenti). Va da sé, con questa premessa, che andare in Val d’Orcia per rientrare a casa prima del tramonto è un’autentica follia, come non ha nessun senso andarvi senza una macchina fotografica, dato che, anche con una competenza tecnica scarsa, potrebbe capitare di portare a casa delle immagini da sogno.
Bagno Vignoni
Bagno Vignoni è un microscopico borgo medievale nel territorio di San Quirico d’Orcia, abitato da poche anime, ma famoso nel mondo per ospitare all’aperto, al centro della piazza del paese, una enorme vasca di acqua calda termale rifornita costantemente dal sottosuolo da falde di origine vulcanica. Nota sin dall’antichità romana è stata, da sempre, meta di pellegrinaggi curativi e di soggiorni rilassanti sia da parte del turista occasionale, sia da parte di illustri nobili e religiosi. Per chi si occupa di fotografia, ma anche per chi vuole godere di paesaggi incantati, Bagno Vignoni è una location imperdibile, specie al mattino quando i primi raggi del sole penetrano i vapori che si sollevano dalla coltre delle calde acque configurando uno spettacolo mistico e surreale. L’acqua termale drena a valle andando ad alimentare quattro mulini ormai inattivi, ma che meritano certamente una visita per il loro valore storico-paesaggistico. Necessita inoltre un assaggio culinario l’offerta gastronomica di un piccolissimo locale al centro del borgo, La Bottega di Cacio, dove con una manciata di euro è possibile gustare insaccati, salumi e formaggi con sapori di altri tempi. Ma se è di un pranzo convenzionale che sentite il desiderio, non vi è che l’imbarazzo della scelta tra osterie (Del Leone o Porcellum) o ristoranti (La Terrazza o Il Loggiato), tutti con un discreto incontro qualità prezzo. Un consiglio: se lasciate Bagno Vignoni in seconda mattinata, per il pranzo fermatevi a Pienza.
Pienza
Pienza è una bellissima città rinascimentale che dista da Bagno Vignoni pochi chilometri. Sa di antico e di buono. La sua ristrutturazione architettonica fu fortemente voluta, nel 1400, dal Pontefice Pio II. Dal 1996 è stata eletta, per la sua valenza e tipicità architettonica, sito Unesco patrimonio dell’Umanità . Il cuore storico del borgo è Piazza Pio II o Piazza Spagna: attorno a essa si concentrano tutti gli edifici più rappresentativi, a cominciare dalla Cattedrale dell’Assunta, esempio gotico-rinascimentale di rara bellezza, al Palazzo Piccolomini, al Palazzo Borgia (oggi sede del Museo Diocesano), per finire con il Palazzo Comunale. È uno degli esempi più significativi di razionalità urbanistica rinascimentale, purtroppo rimasta ampiamente incompiuta dall’architetto Rossellino che l’aveva pensata, ideata e parzialmente realizzata. Occhio anche, nell’angolo destro della piazza, un antico pozzo di pregevole fattura, detto pozzo dei cani, reminiscenza dei tempi in cui, mancando una adeguata rete idrica, i pientini erano costretti ad attingere acqua dai pozzi pubblici.
In cerca di gusti irripetibili
Il contesto architettonico non è però il solo motivo per cui Pienza deve essere tenuta presente in un viaggio in Val d’Orcia: l’altro è l’enogastronomia. Il formaggio Pecorino, lo zafferano, l’olio d’oliva e una selezione di insaccati (salumi di Cinta Senese), da innaffiare con un Brunello, sono le cose da acquistare assolutamente appena si mette piede nel borgo antico. Ma sono le piccole bettole e la loro straordinaria offerta culinaria a fare di questo posto una meta imperdibile per palati attenti. In questo minuscolo paese toscano vi sono due rinomati, ma microscopici locali (non vi sono più di quattro tavoli): la Buca di Enea e Sette di Vino, dove la prenotazione è indispensabile. Qui troverete una scelta oculata e memorabile nei formaggi, una proposta in vini intelligente e ricercata, dei primi che rispecchiano pienamente il territorio e l’affetto di gestori sempre disponibili ad ospitarti come a casa.
La strada dei cipressi di Monticchiello
Nel tardo pomeriggio è il momento di dedicarsi alla fotografia di impatto, andando a immortalare un’altra icona irrinunciabile della Val d’Orcia: i Cipressi. Sono alberi che caratterizzano e tipizzano in maniera unica il paesaggio. Il primo posto per ammirarli è nel territorio di Monticchiello, a un tiro di schioppo da Pienza. È la famosa strada dei cipressi, che si inerpica su una collina descrivendo un armonioso naturale ondeggiamento a salire. L’altro sito, immortalato migliaia di volte e ormai simbolo della Toscana, è a metà strada tra San Quirico d’Orcia e Torrenieri al km: è un isolato gruppo di cipressi che si staglia verso il cielo emergendo dalla sommità di una collina.
Montepulciano
L’ultima tappa, imprescindibile e da fare al mattino, è la citta medievale di Montepulciano, tra la Val d’Orcia e la Valdichiana, sulla cima di una collina circondata da filari pregiati e famosa per il suo centro storico chiuso da cinta muraria. Per la sua straordinaria bellezza non bisogna mancare la visita alla chiesa di San Biagio, capolavoro di Antonio Sangallo con pianta a croce greca: appena fuori porta e oggetto di ampia ristrutturazione, è inserita in un panorama mozzafiato.
Note gastronomiche dell’alta Val d’Orcia
Le tipicità culinarie dell’alta Val d’Orcia non si differenziano moltissimo da quelle senesi o toscane più in generale: una cucina semplice dai sapori intensi, fortemente legata alla tradizione, rispettosa dei singoli ingredienti che combinavano il piatto finale o la preparazione conclusiva. Segnaliamo un’antica schiacciata che i vecchi contadini mangiavano a colazione, la Focaccia con i friccioli, ottenuta dall’impasto di farina, olio, sale, lievito in cui erano inseriti pezzetti di pancetta di suino e poi cotta al forno. Tra gli antipasti c’è il celebre pansanto, una fettina condita con cavolfiore lessato, aceto e olio, e la fettunta, una bruschetta semplice a base di pane abbruscato con olio e aglio strusciato.  La ciaccia, pasta di pane schiacciata e condita con un filo d’olio, era una preparazione di base che accompagnava un po’ tutti i condimenti. Tra i primi piatti non si può non ricordare la panzanella, piatto povero e unico della tradizione contadina che aveva il compito di sfamare il lavorante sino a sera: è preparato con pagnotte di pane raffermo condite con olio, aceto, pomodori, cetrioli, cipolla, sale, pepe e basilico. Altro primo storico sono i pici (grossolani spaghetti di acqua e farina bianca e gialla, senza uova) conditi da varie salse a base di carne o vegetali oppure, come in antichità , con poco olio, trito di cipolla, cacio e pepe. La tecnica della preparazione di questa pasta fatta rigorosamente a mano è un po’ complessa dato che contempla la stesura della pasta su un tagliere, la sua riduzione in piccole e lunghe striscioline che vanno poi arrotolate col palmo della mano: pochi minuti in acqua bollente e la pasta è pronta per essere condita e irrorata con un buon Rosso di Montepulciano dai significativi tannini. La ribollita o minestra di pane è un altro piatto povero e spesso unico della cucina contadina senese. Nelle antiche feste di piazza cuoceva in grandissimi pentoloni e aveva il compito di sfamare folle di bocche: si devono cuocere fagioli cannellini con verdure (bietola, cavolo nero e verza), cipolla, peperoncino, concentrato di pomodoro, sedano e carota in un grosso pentolone per circa 2 ore. La zuppa ottenuta va servita alternandola su più strati di pane raffermo e lasciata poi riposare almeno per 30 minuti. Infine, tra i secondi antichi, c’è la Ciancinfricola, che prende il nome probabilmente dal verbo cianciare, cioè perdersi in chiacchiere senza costrutto: è a base di uova sbattute cotte in una padella in cui è stato preriscaldato in trito di pomodoro, olio e aglio.
Dove mangiare
Dove dormire
Vino nobile di Montepulciano