di Silvana Rizzi
Frida Kahlo e Diego Rivera a Genova
“Frida colomba e Diego elefante”, li definì la madre di Frida (1907/1957), riferendosi forse all’aspetto esile e sofferente della figlia, vittima a 18 anni di un tremendo incidente, di cui porterà la conseguenze per tutta la vita, in contrasto con l’immagine imponente e dominante del grande pittore e marito, Diego Rivera(1868/1957). Il fil rouge della mostra di Palazzo Ducale (www.fridakahlogenova.it, fino all’8 febbraio), è proprio il loro rapporto lungo e tormentato, tanto da ispirarle nei ritratti collane di spine al collo invece di perle e oro. I due artisti messicani s’incontrarono per la prima volta a Città del Messico nel 1922. Lui era il pittore più famoso del Messico rivoluzionario, lei una ragazzina audace, che, alla fine di una conferenza, osa avvicinarsi a lui per mostrargli i suoi autoritratti. Si sposeranno nel 1929, per separarsi nel 1939 e risposarsi nel 1940. Nei dieci anni di matrimonio, Diego Rivera resterà l’artista famoso per i murales di Città del Messico, tradizionali e inneggianti alla rivoluzione, mentre per Frida Khalo la strada è in salita. I suoi quadri, pieni di fantasia, sofferenza e vitalità, incantano i grandi del tempo, come il padre del Surrealismo, André Breton, che definisce l’arte di Frida”Un nastro legato intorno a una bomba”. In mostra 130 opere: 76 di Frida Kahlo, 60 disegni di Rivera e oltre 80 fotografie di fotografi come Nickolas Muray, suo amante. Tra le opere più belle, L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra(Messico),io, Diego e il signor Xoloti, realizzato quando Frida e Diego si risposano. Diego è nudo, con il terzo occhio sulla fronte, abbandonato tra le braccia di Frida. Ancora una volta, è l’amore la fonte d’ispirazione della creatività di Frida. Si può approfittare della mostra per concedersi una piacevolissima giornata a Genova, passeggiando per i carrugi, scoprendo chiese e palazzi grandiosi, come Palazzo Bianco e Palazzo Rosso, e gustando la cucina tradizionale ligure. Ottimo da Carmine a Quinto, con terrazza sugli scogli, mentre in centro si consigliano le Cicale o il simpatico Chichibio, in via Chiossone, vicino a Palazzo Ducale. Per dormire: Marina Porto Antico Best Western sul Porto(010 2518249) o Laurens, in una villa Liberty ristrutturata in via Giordano Bruno, a Boccadasse (info@hotellaurens.it).
Felice Casorati ad Alba
Oltre ai colori dell’autunno, al tartufo e al buon vino, Alba offre agli ospiti una mostra raffinata dedicata a un importante maestro della pittura del Novecento: Felice Casorati, nato a Novara nel 1883 e morto a Torino nel 1963, la città dove si stabilisce nel lontano 1919. Alla Fondazione Ferrero di Alba, i sessantacinque dipinti della mostra Felice Casorati- Collezioni e mostre tra Europa e Americhe (fino al 1 febbraio, tel. 0173 295259), provenienti da collezionisti e musei di tutto il mondo, illustrano il successo internazionale dell’artista alle Biennali di Venezia e nelle più importanti gallerie europee e americane. Stimatissimo all’estero, raccontava così la sua avventura artistica, durante una conferenza nel 1943, nell’Aula Magna dell’Università di Pisa”La mia pittura accolta con tanta severità in patria, trovò all’estero consensi entusiasti, così che la Gallerie d’Europa e d’America ospitarono fin troppo volentieri i miei quadri”. In mostra magnifici ritratti, come La signora Elisabeth Albrecht Wolff Merck, un olio del 1925, che evoca gli studi classici del maestro, appassionato di Masaccio e Piero della Francesca, mentre davanti alla Bambina che gioca su un tappeto rosso si prova un senso di vuoto e di mistero, sottolineato dagli oggetti sparsi qua e là. E ben si capisce il significato della definizione di “realismo magico” applicata all’artista. Per godere il piacere di dormire tra le vigne, c’è il suggestivo e raffinato piccolo relais Villa Tiboldi a Canale (Case Sparse Tiboldi, villatiboldi@villatiboldi.it, da 145 la doppia), affacciato sulla collina di Langa e Roero. A pranzo si va all’Osteria dell’Arco, in piazza Savona ad Alba, un must della cucina piemontese.
La Divina Marchesa a Venezia
Palazzo Fortuny, uno dei luoghi più magici del mondo, rievoca la figura e il mito della donna, che affascinò Gabriele d’Annunzio, con la mostra La Divina Marchesa-Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Epoque agli anni Folli (www.mostracasati.it, fino all’8 marzo 2015). Non poteva che essere così, perché Venezia è stata il palcoscenico d’elezione per le più trasgressive performance della Divina Marchesa, dalle feste a Palazzo Venier dei Leoni( futura casa di Peggy Guggenheim) con i servitori dipinti d’oro, all’apparizione in piazza San Marco, nuda sotto il mantello, alle passeggiate con il ghepardo al guinzaglio, alle uscite in gondola vestita nelle maniere più eccentriche. La mostra, insolita e affascinante, fa rivivere, attraverso oltre un centinaia di opere tra dipinti, gioielli, sculture, abiti, fotografie provenienti da musei e collezioni internazionali, Luisa Casati, artista, performer, organizzatrice di feste epiche, icona di un’epoca. Luisa Adele Amman nasce a Milano il 23 gennaio 1881, figlia di un ricchissimo industriale lombardo del settore cotoniero. A 19 anni sposa il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, va ad abitare nella villa di Cinisello Balsamo, da lì viene spesso a Milano, viaggia tra Parigi e Londra, segue il marito nelle battute di caccia, secondo le abitudini dell’aristocrazia dell’epoca. Proprio durante una battuta di caccia, nel 1903, incontra l’uomo più affascinante del momento: Gabriele d’Annunzio. Il vate coglie il lampo d’inquietudine che serpeggia negli occhi verdi della marchesa, la corteggia, la seduce, se ne innamora, la porta a Venezia. I due amanti condividono la passione per l’arte, per le feste, i travestimenti e l’eccentricità. Sotto l’egida di d’Annunzio, Luisa scopre se stessa e diventa la musa degli artisti più celebri del tempo, da Boldini a Man Ray, da Alberto Martini a Giacomo Balla. Dopo esserci beati della Divina Marchesa, ecco alcuni suggerimenti per un pranzo meno eccentrico: Il Giardinetto con un bel giardino in zona Castello, l’Osteria Alle Testiere, consigliata dalle guide Michelin, per gli appassionati di pesce, vicino al ponte di Rialto, e, ancora, San Trovaso, tradizionale trattoria veneziana, in Calle Nani, a pochi passi dalle Zattere.
Gustave Courbet a Basilea
Al grande e coraggioso Courbet (1819/1877), leader del movimento realista, la Fondazione Beyeler di Basilea( www.fondationbeyeler.ch, fino al 18 gennaio) dedica una magnifica mostra, che consente di scoprire in questo artista, nato in Francia e morto in Svizzera, uno dei più importanti precursori dell’arte moderna. Contro la moda del tempo, che aveva il culto della bellezza ed esaltava la pittura romantica e neoclassica, Courbet vuole rappresentare nei suoi quadri la vita reale della gente. Se le sue opere sono rifiutate dalla giuria del Salon di Parigi nel 1848, due anni dopo “Funerale a Ornans”, presente in mostra, acclamato dai giovani, suscita critiche e dibattiti. L’artista, infatti, non si serve di modelli, ma nella tela si possono riconoscere gli abitanti del paese di Ornans. Courbet incomincia a diventare un artista famoso, tanto da osare dipingere nel 1866 la celebre tela “Origine du monde”, anche questa in mostra, commissionata da Khalil-Bey, ambasciatore dell’impero ottomano ad Atene, per la sua personale galleria di dipinti erotici. La notorietà di Courbet, che rappresenta con tanto realismo i genitali femminili, simbolo della vita, è ormai alle stelle. “Libero da tutti gli schemi convenzionali, anche dai governi”, come ama dichiarasi, rifiuta l’onorificenza della Légion d’honneur, ancora oggi ambitissima dai francesi, offertagli da Napoleone III. Nel 1871 la Comune di Parigi lo mette a capo dei musei parigini, per salvarli dai saccheggi. Sempre sulle barricate, l’artista avvalla la decisione della Comune di abbattere la Colonna della Grande Armée in piazza Vendome. Questa mossa gli sarà fatale, perché Mc Mahon, il presidente eletto nel 1873, non perdonerà un simile oltraggio alla “grandeur” e lo condannerà a sei mesi di carcere e al pagamanto di una multa altissima. Courbet, il pittore rivoluzionario, fugge in Svizzera, dove muore nel 1877. Nelle 60 opere in mostra, risalta la modernità dall’artista: dalle tecniche pittoriche, come l’uso della spatola al posto del pennello, alle celebri onde dell’Oceano, ai boschi dalle mille luci, ai bianchi materici della neve, ai nudi femminili, tutto racconta le innovazioni di Courbet. Basilea val bene un weekend. Come albergo suggeriamo l’Hotel Teufelhof*** (Leonhardsgraben 47, www.teufelhof.com), un simpatico hotel che è al tempo stesso un centro culturale con galleria d’arte. Per il pranzo, consigliamo la bella brasserie Volkshaus Basel dall’antica struttura, in Rebgasse 12, l’accogliente e ottimo vegetariano Tibits Basel, nel centro storico, e, ancora, Eo ipso Restaurant&Bar, dalla raffinata arte culinaria, nell’ex fabbrica di macchinari Sulzer.