about us

contact us

archives

online press agency

 

 

 

 

 

 

 

 

In Bolivia , la strada più pericolosa del Mondo

di Carlo Ferrari

 

Con le quote che presenta, la Bolivia è uno degli ultimi paesi al Mondo a cui venga voglia di associare la parola bicicletta. Ma io sono sì un viaggiatore, soprattutto un cicloturista, e una rotolata giù, per quella che viene definita “la strada più pericolosa del Mondo”, proprio non volevo perderla: 3500 metri di dislivello per 77km di sviluppo. Va detto in tutta franchezza che il settore centrale, cioè ben 60 Km. di sterrato, spesso fangoso e sotto il battito sottile ma deciso, di due cascate, presenta esposizioni al vuoto costanti e notevoli. L’esiguo spazio della carreggiata, che di tanto in tanto si allarga in piazzole per permettere ai veicoli in transito di incrociarsi, non toglie la sensazione di sentirsi pedalanti tra terra e cielo. Ma, a mio parere, il vero “must” di questa piccola-grande avventura è la variazione ambientale in cui essa ha luogo. Il fatto stesso di arrivare col pulmino ai 4750m del passo de “ La Cumbre” non ti fa sentire così in alto, ma quattro pedalate di riscaldamento ti riportano subito alla realtà di un fiatone himalayano.
Appena partiti la discesa è subito forte per 25 Km asfaltati e punteggiati ai lati da piccole case di fango essiccato, dove non si capisce come e perché vivano soggetti dentro la testa dei quali mi piacerebbe tanto essere per sapere cosa pensano di questi deficienti che pagano quello che loro a malapena guadagnano in quindici giorni di lavoro per buttarsi giù per questa sfigatissima pista che chissà quante volte hanno maledetto. I conducenti di camions e pulmini,che portano stipata all’ inverosimile merce varia e merce umana, guidano che sembrano a Monza: il clacson è un’ istituzione, l’acceleratore un dovere, il freno una seccatura. La processione di lapidi che ci accompagnerà da qui alla fine batte un camposanto di guerra delle Ardenne ed è il riassunto del discorso. Al chilometro 25, usciti da un breve e umido tunnel, c’è l’ unico tratto di salita da affrontare, discontinua, dolce, 4 km. Scarsi; ma a questa quota, circa 3700 m, sembra il Mortirolo.Ed eccoci ad Unduavi, dove inizia ad apparire la prima vegetazione e l’impatto con l’aria si fa tiepido. Un check-point della polizia perquisisce minuziosamente ogni mezzo in transito. Questa è l’unica strada che porta alle Yungas, zona di coltivazione della coca, e le merci proibite sono i reagenti chimici atti alla raffinazione della cocaina. Sembra addirittura facciano sul serio tanto sono fiscali, ma il turista ciclista è esente da sospetti e passa come una biscia tra la calca.


La prima discesa da brivido
In un paesaggio sempre più tropicale arriviamo a Chuspipata. Pranziamo in un comedor, dove sostano tutti i camionisti in transito, e, come vuole la tradizione, si mangia bene. Inizia a fare caldo. Da qui parte la vera discesa da brivido. Poco più sotto, la fitta giungla preannuncia una ulteriore salita di temperatura, mentre sul ciglio una lapide con la stella di Davide fa le dovute raccomandazioni. Otto israeliani in fuoristrada hanno visto la strada diritta dove invece curvava, e tutti e otto sono finiti a sperare che Allah non esista. Si parte, in fila indiana con il pulmino di servizio in coda: da qui a Yolosa si dovrà marciare a sinistra, perché i veicoli in salita hanno la precedenza e gli slarghi sono lato burrone. Incrociamo camions carichi da far bestemmiare le balestre, vecchi, con gomme lisce. Come sarà possibile manovrare certe trappole catarrose, su queste rive a tratti cedevoli e sempre esposte, lo sa solo Dio o forse manco lui. Sostiamo un attimo davanti ad una nuova stella giudea. Altra israeliana, in bicicletta, è andata diritta proprio dove la falesia cade a picco per tutti i suoi 1500 metri. Nessuno era mai morto con la bici su questa infausta sterrata; quest’ anno sono già tre, tutti per colpa della velocità e di aver sottovalutato l’ambiente là dove sembra più facile. Inoltre il traffico è molto più consistente di quanto si possa immaginare e non tutti gli autisti hanno tanto senso quanto cavetto dell’ acceleratore. Grazie a Dio ci pensa sempre una guancia piena di coca a tenerli svegli, quando non la mischiano con sorsi di alcool a 95°. Il record è comunque detenuto da un autista di camion che, qualche anno fa, è volato con 100 persone ed il suo trabiccolo adibito ad autobus abusivo.
Dalla gola sale un banco di nebbia, normale nelle foreste tropicali, e per fortuna il passaggio sotto le due cascate non è dei più bagnati: la stagione delle piogge può attendere. Chi non può attendere è Timotèo, che da ben 18 anni si è inventato il mestiere di semaforo umano al “balconcillo”, un insidioso incrocio a gomito sospeso. Con due gigantesche palette, una rossa e una verde, stabilisce le precedenze e, con le stesse, raccoglie le mance che gli autisti lanciano al volo. In Sudamerica tutto è coreografia, e lui si presta volentieri alle macchine fotografiche e, nei momenti morti, piazza esche per catturare serpenti, che vende non si capisce bene a chi. Chiedetegli di mostrarvene qualcuno. Nella parte finale la strada si allarga, diventa polverosissima e la foresta, sempre più rasa al suolo, fa spazio a campi coltivati a coca e ad abitazioni di adobes, via via più numerose nell’avvicinarsi a Yolosa, altro buco di mondo sprofondato nella selva. Una dozzina di chioschi a destra e una a sinistra, che fungono anche da casa per chi li maneggia, rumenta e polvere per ogni dove ed un cesso pubblico che non si capisce chi lo usi, visto che tutti urinano contro le ruote dei camions. E’ un capolinea di tutto quanto si sposti su ruote da e per le Yungas, fine della nostra piccola grande avventura. Ci sono un paio di rubinetti che buttano acqua fresca e, in apparenza, pulita.
Carichiamo le bici sul pulmino e via a ritroso verso La Paz. Non abbiamo fatto nulla di particolare, nessuno di noi si sente Nembo-Kid o il dottor Livingstone, abbiamo solo percorso una nuova strada delle tante che portano noi viaggiatori a soddisfare questo insopprimibile bisogno di collezionare sul nostro album di figurine volti e luoghi di questo mondo fatto, in fondo, apposta per questo.

 

 

Informazioni Utili

Come arrivare - Air France, da ben quindici aeroporti italiani, collega Parigi con San Paolo e Rio de Janeiro, da dove si prosegue per La Paz .

Quando andare - Da Giugno ad Agosto il freddo è molto intenso. Ottobre e Novembre vanno bene sia climaticamente sia come costi di voli.

Dormire e mangiare - Per 80 Bolivianos si ha una stanza doppia con colazione, pulita e sicura. Con 20 Bolivianos si mangia un sostanzioso pasto. Ottimo il Restaurant Pout Purrì, nello stesso edificio del Museo della Coca.

Che cosa portare - Abbigliamento estivo per bassa ed alta quota. Scarpe bici-trekking come quelle prodotte dalla Northwave e buoni occhiali per sole di alta quota come i Rèvo lente C4.

Per informazioni - Consolato Generale di Bolivia in Italia: Corso Torino, 4 – 16100 Genova - Tel. 010 594240. www.bolivia.it 
 

 

Clicca sulle immagini per ingrandirle

 
torna alla homepage
 
viaggivacanze.info - autorizzazione Tribunale di Milano n 750/02 - tutti i diritti riservati
Redazione: viale Brianza, 33 - 20127, Milano - 02.6694202 - redazione@viaggivacanze.info